Modenesi o bolognesi? In brodo, alla panna o col ragù? A questa seconda domanda i puristi staranno già rabbrividendo. E un po’ anch’io. Ma qualunque sia la risposta che date ai due quesiti precedenti, non c’è dubbio sul fatto che i tortellini siano non solo l’oro della tavola emiliana, ma in assoluto uno dei piatti più amati e, da modenese doc, non potevo che scegliere loro per inaugurare la pagina delle golosità.
La ricetta dei tortellini, come quella di tutti i piatti tipici, cambia praticamente da cucina a cucina, in base al segreto tramandato alla rezdóra (massaia) da mamma, nonna e così a perdersi nei secoli. Ingredienti imprescindibili del pest (il ripieno), però, sono prosciutto crudo, mortadella, lombo di maiale, parmigiano, uova e noce moscata. Ma soprattutto una sfoglia sottile, che custodisca il ripieno senza coprirlo, in minuscoli scrigni di sapore.
Il vero tortellino, infatti, non ha nulla a che vedere con quelli tondeggianti e paffuti che popolano gli scaffali dei supermercati. ma nasce da un quadratino di pasta riempito e amorevolmente ripiegato a triangolo, unendo poi le estremità in un piccolo ed elegante “ombelichino”.
Il tortellino un ombelico?
Sì, almeno stando alla fantasia di Giuseppe Ceri, ingegnere fiorentino, ma bolognese d’adozione, che parafrasando la Secchia Rapita del Tassoni narrò come Marte, Bacco e Venere fossero giunti a Castelfranco Emilia per dare man forte ai modenesi nell’eterna contesa coi bolognesi. La dea, però, rimase a letto e, svegliatasi, chiamò l’oste che la trovò senza veli. Impressionato dal bellissimo ombelico della dea corse in cucina a fissarne l’aspetto a modo suo: con la pasta.
Perché gli dei sarebbero dovuti scendere proprio a Castelfranco? Perché con questa scelta diplomatica lo stesso Ceri, nell’Ottocento, mise fine – almeno ufficialmente – alla diatriba sull’origine del tortellino: il paese è infatti a metà strada tra le due città e ricade nella provincia di Modena e nella diocesi di Bologna.
Sembra accertata, invece, la loro origine medioevale e in una pergamena del 1112 si legge che “Tertia pars turtellorum monachorum est”, cioè “La terza parte dei tortelli spetta ai monaci”. Nei secoli, a causa del ripieno di carne che lo rendeva costoso, per il popolo è stato un piatto legato soprattutto alle festività, come Natale e Pasqua, tradizione rimasta fino ad oggi.
Non c’è tavola natalizia tra Modena e Bologna dove non luccichi un bel piatto di brodo di cappone e tortellini.
E lo stesso vale per i loro cugini caplèt, i cappelletti, in auge a Reggio Emilia come in Romagna, pur in versioni diverse. La differenza? Il ripieno dei cappelletti prevede carne mista e, nella versione reggiana, include il pangrattato (proibito nei tortellini!). La variante romagnola affianca poi al parmigiano anche un altro formaggio fresco. La forma, inoltre, è decisamente più tondeggiante e le dimensioni maggiori dei cugini turtlèin.
Come ogni tradizione, però, anche quella della pasta fatta a mano è minacciata dal tempo e dal sempre minor numero di rezdóre (zdàure in quel di Bologna) disposte a passare ore al tulér (tagliere), per produrre centinaia di tortellini. Anche tra chi, come me, ha avuto la fortuna di prepararli con la nonna (e rimpiange di non aver ereditato la ricetta!). Preziose custodi di questo patrimonio sono le sfogline, che continuano a prepararli a mano secondo la tradizione e sotto le Due Torri hanno fondato anche l’Associazione Sfogline di Bologna e Provincia.
Ma qual è, quindi, la vera ricetta?
Rispondere a questa domanda è più o meno come cercare la precisa collocazione di Atlantide o trovare l’Araba Fenice, proprio perché come ogni tradizione che si rispetti, ha varianti che cambiano da paese a paese, se non da casa a casa. A fornirne, quantomeno, una convenzionale ha provveduto la Dotta Confraternita del Tortellino, che insieme all’Accademia della Cucina nel 1974 depositò con atto notarile la ricetta, aggiungendo nel 2008 anche il procedimento e le caratteristiche tipiche, come il peso di 5 grammi l’uno e il lato di 3 cm.
E se il tortellino, per gli amanti della tradizione e della buona tavola emiliana è in brodo, a dirimere la questione della panna è direttamente la creatrice del piatto, la cuoca Cesarina: l’unica panna ammissibile è quella scremata direttamente dal latte appena munto, che non mortifica il tortellino come quella commerciale.
Non manca, insomma, che rivelare la ricetta depositata.
Eccoci, quindi, al momento clou. La ricetta della Confraternita è per mille tortellini, quindi circa 25 porzioni abbondanti. Escludendo di mettere a tavola così tante persone, se abbiamo tempo perché non approfittarne per rimpinguare il freezer? Ovviamente, per ottenere un ottimo tortellino è fondamentale la qualità di tutti gli ingredienti. Se dobbiamo lavorare tanto, deve valerne la pena!
Per il ripieno:
300 g di lombo di maiale rosolato al burro
300 g di prosciutto crudo
300 g di mortadella di Bologna
450 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
3 uova di gallina
noce moscata
Per la pasta:
3 hg di farina
3 uova
Per il brodo:
1 kg di doppione di manzo
1/2 gallina ruspante
sedano
carota
cipolla
sale
Particolarmente importante è la preparazione del ripieno: il lombo va infatti tenuto a riposo due giorni con un battuto di sale, pepe, rosmarino e aglio, poi cotto a fuoco lento con un po’ di burro e una volta ripulito dal battuto tritato molto finemente insieme a prosciutto e mortadella (possibilmente col battilardo), impastando il tutto con parmigiano, uova e noce moscata (non eccedere). Mescolare finché non è tutto ben amalgamato poi lasciare riposare 24 ore. Una volta fatta e tirata la pasta, mettere un po’ d’impasto, ripiegare e chiudere accuratamente. Terminate le operazioni non manca che tuffarli in una bella pentola di brodo bollente.
Ma non è finita qui
Mentre aspettiamo con pazienza che il ripieno sia pronto, c’è tempo per un paio di curiosità.
Fuori dall’Emilia, infatti, una menzione a parte meritano i parenti veneti, i tortellini di Valeggio sul Mincio, nel Veronese, anche loro ripieni di carne mista ma dalla forma e dimensioni molto simili agli emiliani. Qui la tradizione non solo è antica (risale al 1.300), ma ogni anno si svolge la “Festa del Nodo d’Amore“, ispirata alla leggenda dell’ ovviamente tragico amore tra la ninfa Silvia e il capitano Maico. Il terzo martedì di giugno il Ponte Visconteo a Borghetto ospita quindi oltre 3.000 persone in una tavolata lunga un chilometro.
Dulcis in fundo, se il tortellino è l’oro della tavola emiliana, non poteva mancare quello 18 kt creato dalla storica gioielleria bolognese Natale Fontana per i suoi ciondoli e orecchini, anche in versione argento.
Fonti:
Le notizie storiche, così come quelle tecniche, la ricetta e la foto della pergamena sono tratte dal sito della Dotta Confraternita del Tortellino.
Grazie alle amiche e “consulenti”: Cristina per la parte modenese, Giulia per il dialetto bolognese e Silvia, che mi ha svelato i segreti del cappelletto romagnolo.