Da antiche scarpe dei minatori del Valmalenco a calzature artigianali di pregio. Si chiama Pedü il marchio fondato da Thomas e Massimo Bardea, il cui nome è di per sé un salto nella montagna lombarda, ricca di storia e tradizioni. Proprio da queste ultime i due fratelli sono partiti, con l’idea di salvare – attualizzandola – una realtà che stava andando perduta.
Io li ho conosciuti a Pitti Uomo e ho deciso di raccontarvi un’altra storia di calzature sostenibili raccolta in Fortezza
«Le pedü erano le scarpe che venivano realizzate in casa, utilizzando vecchi cappotti e stoffe recuperate e che venivano indossate anche per andare in miniera – racconta Thomas Bardea – La suola era costituita da 27 strati di tessuto, unite alla tomaia da una particolare cucitura chiamata “punto a cavallo”, che abbiamo depositato. Noi abbiamo mantenuto gli strati, inserendo feltro ottenuto da pet riciclato come rinforzo e in alcuni casi abbiamo aggiunto la suola Vibram Ecostep, prodotta con almeno il 30% di scarti produttivi di suole rimescolati».
Ma ascoltiamola direttamente da lui!
Per salvare questa tradizione ha unito le generazioni, coinvolgendo le quattro signore che ne erano depositarie e sei studentesse del corso di Operatore dell’abbigliamento e sartoria del Polo di formazione professionale di Sondrio. Durante i mesi in cui Ancilla, Agnese, Angela ed Elena sono state le loro insegnanti, le ragazze hanno imparato a realizzare le pedü, non senza qualche sonora ramanzina.
Come sono fatte le Pedü? Facciamocelo raccontare da Bardea!
E anche gli imballaggi sono realizzati in un’ottica di sostenibilità: La scatola è infatti in cartone riciclabile, mentre la sacca personalizzata all’interno in cotone naturale non trattato. Ogni confezione contiene poi una spazzola per la pulizia delle scarpe.
Ma visto che abbiamo scoperto i segreti che si celano nelle pedü, diamo una sbirciatina all’interno del laboratorio, per vedere come vengono create.
Pedü per tutte le stagioni
Se quelle tradizionali erano “quattro stagioni”, le pedü proposte dal marchio lombardo variano nei tessuti, proponendo scarpe estive, invernali e serie limitate, anche grazie a collaborazioni con aziende d’eccellenza come la Marzotto.
«Con loro – continua Badea – realizziamo la versione invernale in tessuto “Sondrio” che si affianca alla lana cotta trentina, due tessuti naturali cuciti con fili derivati da pet riciclato. Della Marzotto è poi il cotone che simula il pelo di cavallino, al quale è dedicata una capsule, ma fa parte dello stesso gruppo anche la Redaelli, di cui utilizziamo i velluti».
Per l’estate, invece, Pedü privilegia cotone e lino, mentre una versione più tradizionale è quella patchwork, realizzata con avanzi di tessuti e suola in feltro.
Vediamo allora alcuni modelli di moderne Pedü
A Pitti Uomo ha poi debuttato un’altra pedü eco-friendly e decisamente innovativa, realizzata in collaborazione con Progetto62, brand del Gruppo Colombo. «Con loro – continua l’imprenditore – abbiamo creato una capsule che ha al suo interno un tessuto in grafene, antibatterico e termoregolatore. L’attenzione al benessere del piede, però riguarda tutte le scarpe, con plantari e cuciture studiati appositamente da un podologo».
Ma chiudiamo con le voci delle protagoniste del progetto: Ancilla, Agnese, Angela ed Elena ci raccontano la loro esperienza con le ragazze del corso e le studentesse Annalisa e Ilaria la gioia di scoprire una tecnica così antica che, sperano, potrà essere parte del loro futuro lavoro.
Conoscevate i Pedü? Ci sono altre tradizioni simili che volete raccontarmi? Mandatemi i vostri commenti e suggerimenti o scriveteli sulla mia pagina Facebook!