Lecce è conosciuta per il suo splendido Barocco. Per il turista è immancabile una visita alla Basilica di Santa Croce o alla Cattedrale di Maria Santissima Assunta, oltre che al Castello (non barocco, ma comunque molto interessante, soprattutto la visita ai sotterranei). Ma nel capoluogo pugliese c’è un’altra forma d’arte che merita assolutamente una tappa: i murales del quartiere 167/B.

Torniamo quindi in Puglia, come vi avevo promesso, per raccontare una forma d’arte molto diversa dai complessi megalitici di cui vi avevo parlato qualche settimana fa (qui l’articolo), ma non meno affascinante.

Di murales, del resto, avevamo già parlato quando vi ho raccontato la mostra di Banksy (a proposito, se non l’avete ancora visitata, c’è tempo fino al 9 gennaio!) in questo caso, però, le opere non solo non sono tutte dello stesso autore, ma sono state realizzate sui palazzi del quartiere 167/B, nell’ambito di un progetto sociale. E, di conseguenza, sono sempre visibili camminando per il quartiere.

Una passeggiata affascinante, soprattutto se non se ne conosce la disposizione, alla ricerca dei murales, che ad ogni angolo stupiscono e fanno riflettere. Meglio ancora se compiuta non a ora di pranzo in un’assolata giornata d’agosto, con il sole rovente a picco (sì, per esperienza!), ma nel mite clima autunnale.

Il progetto

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La sede del laboratorio 167/B Street

Il progetto “167 Art Project” nasce nel 2017, con la creazione dei primi quattro grandi murales sulle facciate delle case popolari. Promotori la parrocchia di San Giovanni Battista, con il parroco don Gerardo Ippolito, e il laboratorio “167/B Street, già attivo da oltre 10 anni in un percorso di ricerca e sperimentazione dell’arte urbana, in collaborazione con artisti, operatori culturali e collettivi artistici.

L’obiettivo, come si legge sul sito del laboratorio è «creare opere d’arte che rompano gli schemi sociali, stimolino voglia di partecipazione e rispecchino il sentimento diffuso della comunità di quest’angolo di Lecce a sentirsi parte integrante della città e del suo futuro».

Un quartiere, il 167/B, nato alla fine degli anni Settanta per soddisfare la richiesta di case popolari, che negli anni Novanta ha vissuto un periodo molto difficile.

San Giovanni Battista

La scuola elementare “Zimbalo” fu infatti trasformata per sette anni nell’aula bunker all’interno della quale si svolsero i processi che decimarono la sacra corona unita. La militarizzazione dell’area e l’abbandono delle attività commerciali portarono una “glaciazione” sociale alla quale si cercò solo molti anni dopo di porre rimedio.

Negli ultimi tempi, poi, il tessuto sociale del 167/B è fortemente mutato con l’assegnazione delle case popolari prevalentemente a famiglie di migranti. Una sfida non indifferente dal punto di vista sociale. E proprio convivenza, multiculturalità e integrazione sono alcuni dei temi al centro dei murales.

Sergio vive

I primi murales che accolgono il visitatore che parcheggia in via Siracusa sono tra quelli più “vecchi”, dedicati a uno street artist del quartiere, Sergio Bassani, morto in un incidente in moto a 28 anni nel 2014. Il primo “Sergio vive”, è stato realizzato dai suoi amici, mentre il muro che circonda l’istituto comprensivo “Stomeo Zimbalo” è stato poi completato nell’ambito di un evento ad hoc, “Tutti insieme per ricordare un artista e un amico”, organizzato dall’associazione Carta Bianca.

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Un lunghissimo murale

Non è il murale più lungo d’Italia, ma comunque si difende benissimo. “An urban art project-Il muro che unisce”, è infatti un “foglio” di cemento lungo 260 metri e alto 2,60 sul quale 12 street artist italiani hanno realizzato i propri lavori. In pratica, tutto il muro che racchiude i campi sportivi della parrocchia di San Giovanni Battista, promotrice dell’iniziativa che, in un certo senso, ha dato il “la” a quello che sarebbe venuto dopo.

Sotto la direzione artistica dello storico writer bolognese Dado, per una settimana hanno lavorato ai murales Cheone, Corn79, Crea, Etnik, Kerotoo, Made514, Peeta e i salentini Antonio Poe, Cheko’s art, Davide Dpa e Fenix Azar.

E percorrere il muro, passeggiando lentamente e ammirando ogni lavoro, è immergersi in una carrellata di colori, tecniche e messaggi, da assaporare e su cui riflettere. Linee, sfumature e pensieri che parlano d’integrazione e convivenza. Nastri e dita che s’intrecciano, giovani che guardano lontano e un messaggio che riassume bene il senso dell’iniziativa nel murale di Davide Dpa: «L’altro da me è il filo che ho perso e che permette di ritrovarmi». E c’è anche un omaggio a Beto Barbas, firmato dal leccese Cheko’s Art, che ricorda il mito protagonista della prima promozione in A dei giallorossi.

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I grandi murales d’autore

La grande attrazione del 167/B, però, sono decisamente gli enormi murales che colorano i palazzi del quartiere, realizzati da artisti internazionali che dal 2017 ogni anno hanno portato il proprio contributo a un affascinante museo urbano a cielo aperto.

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I picchi di Karski & Beyond

Gli enormi e coloratissimi picchi del duo olandese Karski & Beyond, sembrano scavarsi una casa all’interno di un palazzo di via Ragusa. Ma la natura invade anche la parete affrescata dal francese Mantra, macchie di colori e luci che accolgono in un ideale bosco gli alberi di fronte alla facciata.

Potente “Viktoria”, del greco Dimitris Taxis, che ritrae una donna nell’atto di raccogliere l’uva. Un richiamo al territorio salentino e alle sue tradizioni, come nel lavoro dello spagnolo Sabotaje Al Montaje. In quest’ultimo un pescatore – altro mestiere locale – osserva il secchio contenente la propria pesca: tappi di bottiglia al posto di luccicanti pesci. Un’immagine forte e immediata, che colpisce nel segno. Il messaggio è uno sprone non solo a identificarsi con il proprio ambiente, ma anche a rispettarlo e proteggerlo.

La studentessa di Artez

Non si può invece non sorridere di fronte alla studentessa di Artez (Serbia) carica di libri, che vede cadere la propria tazza di caffè. Il colpevole? Probabilmente l’incurante felino comodamente seduto sulla pila di volumi. E mette certamente allegria il sorriso dei bambini di Cheko’s Art. Il writer leccese cita il film “La Haine” (l’odio) di Mathieu Kassovitz, trasportandolo nella “sua” banlieu: Fatou e Andrea si abbracciano tenendo tra le mani il mondo, mentre annunciano dalla maglietta che «il mondo è vnostro». Un monito e una sfida agli adulti.

E i ragazzi sono protagonisti in tantissimi murales. Quelli nell’opera dell’italiano Bifido insieme alla spagnola Julieta XLF sono ritratti nel “First Fire”, il “primo fuoco”, uniti da una freccia (Cupido?) che li trafigge entrambi, ma nell’incrociarsi assumono le sembianze di una volpe e un uccello. In “Wish” di Millo due bambini sono appoggiati – unica macchia di colore – a una “colonna” di balconi. Sullo sfondo, in bianco e nero, il quartiere unito da un lungo filo rosso.

L’omaggio

Ma da leccese doc, Cheko’s Art omaggia anche due giocatori entrati nella storia giallorossa oltre che per le prestazioni sportive, anche per la loro tragica fine: Michele Lorusso e Ciro Pezzella, morti in un incidente stradale. I due atleti, temendo i viaggi aerei, stavano andavano a Bari a prendere il treno per recarsi in trasferta a Varese dove il Lecce avrebbe giocato la domenica. Alla stazione, però, non arrivarono mai e a loro è intitolata la curva nord dello Stadio Via del Mare, che si trova a poche centinaia di metri dal 167/B.

Le novità

Ultimo in ordine di tempo il lavoro del duo argentino Medianeras. Sul palazzo affrescato da Vanesa Galdeano e Anali Chanquìa, maschile e femminile si fondono, lanciando un messaggio contro le discriminazioni di genere e un appello alla promozione delle pari opportunità.

Ma se questo decimo murale è stato presentato il 29 settembre, l’undicesimo non tarderà a venire. Prosegue infatti il rapporto coi Paesi Bassi, che nei prossimi giorni porterà Collin Van Der Sluijs ad affrescare un palazzo tra via Argentina e via Novara.

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La conoscenza è libertà

Al centro di tutto il lavoro del laboratorio e della parrocchia ci sono loro, i ragazzi, che questo progetto punta a coinvolgere, anche con attività portate avanti nelle scuole. E che l’hanno apprezzato fin dall’inizio, tanto che nessuno dei tanti lavori sparsi nel quartiere è mai stato deturpato. Proprio questo, dopo il successo di “An urban art project” ha spinto don Gerardo a pensare – letteralmente – ancora più in grande.

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La scuola “Zimbalo”

Fulcro della vita dei bambini e dei giovani, però, è anche l’istituto comprensivo “Stomeo Zimbalo”, i cui muri di cinta da un lato ospitano le opere dedicate a Sergio Bassani.

Il muro opposto, invece, è decorato con un lungo murale dedicato proprio ai ragazzi e all’importanza della cultura. «La conoscenza è libertà», riporta il frontespizio di un libro dal quale escono le pagine che cominciano a volare fino a diventare un’onda sulla quale viaggiano delle barchette (la conoscenza?), trasformandosi poi nelle rocce dalle quali esce un rigoglioso albero. E il loro viaggio prosegue fino a posarsi nelle mani dei ragazzi, sagome candide, ancora da “colorare”. L’ho filmato passo passo per voi.

I murales del quartiere, però, sono molti di più, disseminati tra pareti e saracinesche e tutti da scoprire e opere sono sparse anche in altre zone della città. Per me è stata veramente una bellissima esperienza. Anche col solleone. E poi si può sempre concludere la visita con un pasticciotto e un ottimo caffè salentino…

Conoscevate questi murales o vi ho fatto venire voglia di vederli? Vi sono piaciuti? Se vi va di raccontarmelo, scrivetemi le vostre impressioni o ditemelo sulla mia pagina Facebook! E magari taggate #themebway nelle vostre foto!

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