Uno dei fenomeni urbanistici dell’Otto-Novecento è senz’altro quello dell’edilizia sociale realizzata da imprenditori illuminati, che pensarono a dare non solo una casa ai propri operari, ma anche servizi, scuole e luoghi di aggregazione. Vi porto oggi in un luogo molto particolare, che ho scoperto di recente, dove questo concetto è stato interpretato in un modo del tutto originale: Villaggio Leumann a Collegno.

Napoleone Leumann

Perché rivoluzionato? Perché se altri imprenditori – come i Marzotto a Valdagno e i Rossi a Schio – puntarono su palazzine abbastanza grandi, Napoleone Leumann decise invece di puntare su villette plurifamigliari indipendenti con giardino.

Leumann
La lapide dedicata a Napoleone Leumann all’interno del cotonificio

Il progetto fu affidato a Pietro Fenoglio, architetto della corrente del Liberty torinese, che applicò questo stile anche alle finiture degli edifici della borgata,

Nato nel 1941 a Lomello (Pavia) nel 1841, Leumann, una volta subentrato al padre – imprendiore tessile svizzero – nell’azienda di famiglia, nel 1875 la trasferì da Voghera a Collegno, al confine con Grugliasco, in un’area strategica perché servita dalla ferrovia Torino-Modane, che collegava l’ex capitale alla Francia, sia dalla prima tranvia, la Torino-Rivoli, ma anche ben collegata a Genova, importante porto commerciale.

Ma se il fiuto per gli affari non gli mancava – negli anni ampliò e diversificò l’attività paterna – la sua più grande impresa fu senz’altro il Villaggio Leumann.

Villaggio Leumann

Leumann non era infatti solo un grande imprenditore, ma anche un uomo illuminato, progressista e attento alle questioni sociali.

L’ingresso del cotonificio

Il suo villaggio, quindi, non doveva essere solo un luogo dove le maestranze abitavano, ma anche offrire loro condizioni igieniche e sanitarie decorose, occasioni di socialità e di svago e servizi come la scuola, la chiesa, l’ambulatorio, il circolo.

Uno dei problemi, infatti, era che le maestranze, provenienti dalle campagne, faticavano ad adattarsi alla vita della fabbrica. Una visione certamente “paternalistica”, nella quale “riempire” la vita al di fuori dell’orario di lavoro significava anche “vigilare” sulla moralità dei dipendenti, ma che, guardata con gli occhi dell’epoca, offriva i indubbi benefici alle famiglie dei dipendenti.

Il villaggio, che si sviluppava ai due lati del cotonificio, arrivò quindi ad ospitare fino a 750 persone su un totale di 1.700 lavoratori e non è stato abbandonato nemmeno dopo la chiusura del cotonificio, che dopo un forte ridimensionamento nel 1972 ha cessato l’attività nel 2007 e oggi ospita alcuni negozi.

Le case e sullo sfondo il cotonificio

Il borgo

Fin qui la storia. Ma come ci sono arrivata? Cercando in rete… tutt’altro! Le foto di questo villaggio a metà tra lo stile nordico e il Liberty mi hanno fatto cambiare immediatamente il programma della mattinata successiva. E così, dopo una giornata passata tra la storia calcistica di Torino (gli stadi Filadelfia e Olimpico Grande Torino) e quella del cinema, mi sono tuffata in quella economica e sociale. Mi è piaciuto talmente che non potevo non aggiungerlo ai viaggi da consigliarvi!

Arrivare da Torino è facile e non molto lungo e per visitare il villaggio c’è un parcheggino delimitato da “panettoni” colorati in via Bargiacchi (dove vi porta il navigatore). Appena entrati siete accolti da delle belle casette che ricordano tanto un borgo altoatesino, ma anche un villaggio delle fiabe, con i loro tetti a punta e le finestre incorniciate. E che, appunto, sono ancora abitate anche dagli eredi di quegli operai.

Leumann
I bagni pubblici

Il primo edificio “di servizio” che s’incontra è nientemeno che… i bagni pubblici, uno stabile di grande importanza per l’igiene degli abitanti, per evitare – come si riteneva al tempo – che condizioni insalubri di vita portassero a una decadenza non solo fisica, ma anche morale.

I locali riservati a uomini e donne erano separati e con ingressi indipendenti e all’interno si trovavano, oltre ai bagni, spogliatoi, vasca e – cosa rara all’epoca – docce con acqua calda e fredda. I bagni pubblici del Villaggio Leumann potevano essere utilizzati sia dai dipendenti che dai loro famigliari, dietro pagamento di una quota minima, ed erano aperti tutti i giorni d’estate, mentre d’inverno solo il sabato e la domenica.

Educazione e moralità

Tra coloro che necessitavano di una sistemazione c’erano anche tante ragazze, che costituivano una grande parte della forza lavoro. Per loro, quindi, il villaggio disponeva di un “convitto delle giovani operaie”, che si trova a pochi metri di distanza proprio dai bagni.

Il lavatoio del convitto

Qui le giovani tra i 13 e i 20 anni potevano non solo ricevere un letto, biancheria e tre pasti al giorno, coprendo solo una parte della spesa, ma frequentare la “Scuola della buona massaia”, istituita da Amalia Leumann, moglie di Napoleone, per istruirle nell’economia domestica, cucito, ricamo, rammendo, cucina, contabilità e igiene le ragazze e le giovani madri del villaggio.

E in linea con la mentalità dell’epoca, le suore del Ss. Natale prima e quelle del Cotolengo poi vigilavano poi sulla loro moralità al di fuori dell’orario di lavoro. Oggi il corpo centrale, in origine dedicato soprattutto ai momenti comunitari, è adibito a biblioteca pubblica, mentre i due edifici dormitorio sono diventati abitazioni e uno dei due ospita ancora uno dei due lavatoi in pietra originari.

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Il convitto oggi biblioteca

Nella stessa ala del villaggio, poi, Leumann realizzò anche l’ambulatorio, dove dipendenti e famiglie venivano visitati gratuitamente; un albergo per i clienti, ora rinominato “Sala delle Tessitrici”, che oggi ospita una scuola  di canto e due comunità alloggio. Infine, accanto al parcheggio, l’edificio inizialmente utilizzato come mensa e in seguito trasformato in circolo sportivo e teatro, sempre nell’ottica, appunto, di ridurre il più possibile le occasioni “immorali”.

La piazza

Continuando la passeggiata lungo il viale principale (corso Francia) si passa di fronte all’ufficio postale – ancora funzionante – e a due appuntite torrette, dallo stile decisamente alpino: è l’ingresso dell’opificio, che adesso ospita alcuni negozi. Ma se il cotonificio è al centro del quartiere, il suo cuore si trova nel lato ovest: la piazza sulla quale si affacciano la chiesa, la scuola e l’ex circolo/spaccio alimentare.

La piazza con la scuola, la chiesa e il circolo/spaccio alimentare

Le prime due, come le casette, hanno mantenuto la funzione originale, anche se la chiesa oggi ospita il culto romeno ortodosso. Circolo e spaccio, invece, sono diventati il museo che ricostruisce la vita nel villaggio dell’epoca, parte delle visite guidare organizzate dall’associazione Amici scuola Leumann. Che, sul suo sito, ha anche creato una mappa interattiva in cui mostra i diversi luoghi del borgo.

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La stazioncina

Non ha più, invece, la sua funzione originale, ma sarà comunque collocata sulla nuova linea della metropolitana la stazioncina che era stata realizzata in stile come fermata ad uso del villaggio.

Insomma, una mattinata decisamente diversa. Gli orari del museo sono molto ridotti, ma anche passeggiare autonomamente, grazie ai tanti cartelli decisamente ben fatti, costituisce una visita interessante.

E ancora più bello è vedere che questo villaggio non è solo una reminiscenza del passato, ma continua a essere vissuto, come testimoniano i panni stesi, i tavolini in giardino, i bimbi che giocano nel cortile della scuola e gli avvisi appesi accanto alla porta della chiesetta.

Il consiglio

E, per una pausa pranzo in loco, ho trovato un posto molto carino, con ottima farinata, pizze al tegame di qualità e birre artigianali, Il Cupolino. Consigliatissimo!

Conoscevate questo posto? O altri villaggi simili che volete consigliarmi? Mandatemi i vostri commenti e suggerimenti o scriveteli sulla mia pagina Facebook! E se visitate il Villaggio Leumann taggate #themebway nelle vostre foto!

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