Un tempo erano ben 34 le distillerie attive a Campbeltown. Nessuna sorpresa, quindi, che fosse considerata la capitale mondiale del whisky. Adesso la cittadina nella penisola di Kintyre ne ospita solo tre, ma l’identificazione tra la popolazione e l'”acqua di vita” non è meno forte, anzi. E allora, dopo la prima tappa nelle Lowlands, continuiamo il nostro viaggio nel whisky scozzese con questa regione, più piccola, ma non meno piena di storia.
Ad accompagnarci, ancora una volta, gli amici di Oro di Scozia, veri e propri ambasciatori della cultura e dei sapori scozzesi dal loro negozio sul lago di Como. Dopo Nando Viti, la nostra guida nell’affascinante Campbeltown sarà Ulisse Soncini, che ci racconterà cos’ha scoperto durante la sua visita in loco.
Campbeltown
Quasi tutti, anche i non particolarmente appassionati di Scozia, conoscono le Highlands almeno di nome. Ma dov’è Campbeltown? Questa zona di produzione corrisponde sostanzialmente alla cittadina posta quasi all’estremità più remota della penisola di Kintyre, nella regione dell’Argyll and Bute, sulla costa ovest della Scozia. Un microcosmo di circa seimila abitanti, legato a doppio filo alla produzione di whisky.
La Uisge Beath, l’acqua di vita in gaelico scozzese, è nominata già in documenti del 1591 e nel Seicento l’area diventa un fiorente centro di produzione….illegale. In quel periodo la città è appena nata e si chiama Lochhead, “testa del lago”. Sarà il clan Campbel, a metà del XIX secolo a cambiarle nome. La produzione fiorisce e alla fine del Settecento si contano 21 distillerie in città e 10 nell’area circostante. Sempre clandestine, of course.
Con l’emersione della produzione dall’illegalità (dell’l’Excise Act, la “Legge per l’eliminazione della distillazione illegale” parlo nell’articolo sulle Lowlands), a fine Ottocento Campbeltown, che conta poco meno di duemila abitanti, è ritenuta la città con il più alto reddito pro capite della Gran Bretagna. Nei primi decenni del Novecento, la Grande Recessione e la tendenza a produrre whisky di minore qualità, per adattarsi ai nuovi gusti, sono alla base di una forte crisi, che porta alla chiusura di quasi tutte le distillerie.
Resistono Springbank e, con alcuni periodi di pausa, Glen Scotia, mentre bisognerà aspettare la fine del secolo per vedere una vera ripresa. Nel 2000, la riapertura della Glengyle da parte della famiglia Mitchell, proprietaria di Springbank, fa rientrare Campbeltown tra le zone produttive.
Le distillerie
Oggi sono appunto tre le distillerie rimaste a Campbeltown: Springbank, la principale; Glengyle, della stessa proprietà e Glen Scotia, acquistata nel 2014 dal Loch Lomond Group.
«Questa zona di produzione è molto particolare – sottolinea Ulisse – perché è l’unica che resta in vita per volontà delle persone. La principale distilleria, Springbank, in alcuni periodi dell’anno sospende le attività e “presta” i propri dipendenti alle altre due, in modo da poter mantenere il numero minimo di tre, che dà diritto al riconoscimento della zona. Il tratto distintivo di Campbeltown è proprio questo senso di comunità, tanto che il proprietario della Springbank non solo ha rifiutato di vendere la distilleria, ma ha disposto che alla sua morte questa resti alla popolazione».
Ma Springbank ha anche un’altra peculiarità, come racconta ancora la nostra guida. «Ogni passaggio è eseguito a mano, senza alcuna tecnologia o automazione e durante la maltazione tutto viene annotato su una lavagna, come una volta».
I whisky
Quali sono, allora, i whisky che nascono nella più piccola zona di produzione? E che caratteristiche hanno? «I whisky di Campbeltown hanno caratteristiche abbastanza variegate. Essendo sul mare hanno infatti i sentori minerali di quelli prodotti sulle isole, ma la torba utilizzata per la versione “peated” è solo in parte locale, mentre il resto proviene dalle Highlands, dando un po’ del sapore delle alture».
Entrando più nel particolare, Glen Scotia produce single malt che uniscono la salinità dell’ambiente marino ai sapori derivati dalle diverse botti, sia torbati che non. Il range va dal più leggero Double Cask, al più complesso Victoriana, ispirato all’omonimo periodo storico, “cask strength” imbottigliato direttamente dalla botte, senza filtraggio.
Si chiama Kilkerran il whisky prodotto da Glengyle, dal nome del primo insediamento in cui Saint Kieran aveva la sua cella, sulla quale è sorta Campbeltown, in gaelico Ceann Loch Cille Chiarain. La gamma va dal leggero torbato dell’8 anni “cask strength” da 56 gradi all’intensa torba dell'”heavily peated”, ma molte più opzioni stanno maturando in botti di sherry, bourbon e non solo.
Springbanks
Tre, invece, le tipologie proposte da Springbank, la cui produzione è come detto tutta condotta in loco e che mutua due nomi da altrettante distillerie in passato attive a Campbeltown.
Il primo, Springbank, è un whisky leggermente torbato distillato due volte e mezza. Dopo la seconda distillazione, tipica dello scotch, solo una parte viene insomma sottoposta alla terza.
Il secondo, Longrow, è quello più torbato, per la cui maltazione viene utilizzata quindi la torba. La sfida del titolare, quando iniziò a distillarlo nel 1973, era quella di produrre un whisky in “stile Islay” ma sulla terraferma.
Il terzo, Hazelburn, è invece sottoposto alla tripla distillazione tipica dei whiskey irlandesi,
«La tripla distillazione – racconta Ulisse – è stata portata dagli irlandesi che dopo la guerra andarono a lavorare in Scozia e attualmente viene utilizzata solo in due distillerie: Springbank appunto e Auchentoshan, nelle Lowlands. Produce un whisky più elegante e delicato, che viene purificato al massimo. È scozzese, ma non in stile scotch, dal quale ti aspetti carattere e un gusto incisivo, tipici soprattutto dei distillati delle Highlands, dello Spey e di Islay».
Ma come berli?
La prima indicazione di Ulisse riguarda la versione “on the rocks”: «Il mio consiglio è di evitare il ghiaccio, che annacqua troppo il whisky. Se proprio lo si vuole freddo piuttosto meglio il frigo». E le goccette d’acqua utilizzate nelle degustazioni? Servono per abbassare il grado alcolico nel caso dei “cask strength”, superiori ai 50 gradi, e per rompere gli esteri, gli oli essenziali presenti nel whisky, per sprigionare i profumi. Personalmente, al di fuori delle degustazioni, lo preferisco però al naturale».
E dal punto di vista degli abbinamenti? «Allo Springbank affiancherei un formaggio pecorino non erborinato, all’Hazelburn nulla, perché con la terza distillazione è già perfetto così, al torbato del cioccolato fondente, almeno al 72%, magari seguito da un buon sigaro».
I dintorni
Cosa fare nelle pause tra una distilleria e l’altra? Prima di tutto godersi la Campbeltown, che ha tutto il fascino delle cittadine scozzesi affacciate sul mare. Anzi, nello specifico, sul Loch omonimo. Costeggiando la baia, si può vedere l’isola di Dunvaar, che durante i momenti di bassa marea è possibile raggiungere a piedi e dove si possono ammirare delle pitture rupestri. Proseguendo si arriva alla Dunaverty Rock, ciò che resta di un antico castello appartenuto al Clan Donald.
Poco più avanti si trovano una grotta, dove si dice abbia soggiornato San Colombano, sbarcato nel Kintyre dopo essere stato esiliato dall’Irlanda, alla quale sono attribuite anche alcune impronte e la sacra fonte poco distante. Continuando lungo la costa si raggiunge il Mull of Kintyre, la parte più estrema della penisola con il suo faro. A quest’area nel 1977 ha dedicato una canzone Paul McCartney, con il suo secondo gruppo, i Wings. Cliccate sul link se volete ascoltarla e immaginare di sedere sulla costa, ammirando il mare e l’Irlanda a pochi chilometri.
Se da Campbeltown si torna verso nord, si trova invece Tarbert, stretta tra il Loch omonimo e il Loch Fyne, famosa per la pesca delle aringhe e per il suo castello. Altre cittadine sulla costa est sono Carradale e Skipness, anch’essa con il suo castello, mente su quella ovest Machrihanish dispone di uno dei campi da golf migliori di Scozia con una scenografica prima buca che taglia l’Atlantico.
Ah Campbeltown Loch, se fossi whisky…
Il whisky non poteva non entrare anche nella musica locale, in una canzone popolare Andy Stewart fantastica “Oh Campbeltown Loch, I Wish Ye Were Whisky! Ah Wid Drink Ye Dry”, “Oh Campbeltown Loch vorrei fossi whisky e ti berrei fino all’ultima goccia”.
Allora, vi lascio con questo tocco di folklore – ovviamente da ascoltare con un bicchierino di whisky in mano! – le cui affascinanti immagini d’epoca provengono dall’archivio di Historic Kintyre e se volete saperne di più andate sulla pagina del Mull of Kintyre.
Conoscevate questi whisky e i luoghi da cui provengono? Cosa ne pensate? Mandatemi i vostri ricordi, racconti e commenti o scriveteli sulla mia pagina Facebook!