La terza settimana del calendario dell’Avvento ci porta altri consigli di lettura da mettere sotto l’albero, in un’alternanza di generi per accontentare tutti i gusti. Cosa ci suggeriranno questa settimana le caselline?
Apriamo la settimana con un libro dedicato alla passione per la montagna, consigliato da Anna, appassionata musicista, ballerina e camminatrice, con un amore particolare per il Monte Baldo. E visto che è veronese, quale giorno migliore di Santa Lucia?
Nel corso del 2021 mi sono dedicata alla lettura di alcuni libri della cosiddetta letteratura di montagna, una delle mie grandi passioni. Tra i titoli suggeritimi dai mei genitori, grandi amanti di alte vette come me, c’è “Fiore di roccia” di Ilaria Tuti. Chi conosce questa autrice sa che scrive gialli (godibilissimi e che consiglio caldamente) e quindi questo libro si pone come un elemento di rottura rispetto al suo genere, ma sicuramente non è un fulmine a ciel sereno, dato che la Tuti è originaria della Carnia e non ha mai nascosto l’amore viscerale per la sua terra d’origine, che è la vera protagonista del libro.
Oltre all’omaggio alla Carnia troviamo la celebrazione del coraggio e della resilienza delle donne di quella terra, che durante la Prima Guerra Mondiale si sono sacrificate senza la minima esitazione per aiutare i militari al fronte del Pal Piccolo, sulle Alpi Carniche, trasformandosi da umili contadine nelle Portatrici, figure che la Storia ha dimenticato per molto tempo e che grazie ad Ilaria Tuti vengono finalmente restituite all’onore che meritano.
Fiore di roccia è uno dei nomi della Stella Alpina, che, come queste donne, è delicato all’aspetto ma talmente forte da riuscire a sopravvivere in un ambiente ostile e fa sempre sorgere sul volto degli escursionisti un sorriso di speranza quando viene scorta tra le aspre rocce, così come le Portatrici facevano sorgere un sorriso di speranza sui volti di quei militari che erano poco più che bambini brutalmente catapultati tra le trincee a sparare ad un nemico che non avevano mai visto prima.
“Risaliamo per ore, nella neve fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. I cecchini nemici – diavoli bianchi, li chiamano – ci tengono sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre saliamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i ’fiori di roccia’.
Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita.
La scheda: Fiore di roccia, Ilaria Tuti, Longanesi, 2020, 320 pagine
Continuiamo la terza settimana con un libro suggerito da… un‘altra Anna! Amica di letture, che ci porta questa volta negli Stati Uniti, con un libro che dall’altra parte dell’Atlantico è un classico e dal quale è stato tratto anche un film. E allora passo la parola direttamente a lei!
I libri che prediligo hanno bambini e ragazzi per protagonisti. Un titolo che ho amato molto è “Un albero cresce a Brooklyn” pubblicato nel 1943 da Betty Smith, da cui è stato tratto anche un film diretto da Elia Kazan nel 1945. Purtroppo è poco conosciuto in Italia, ma in America è un classico.
La storia, parzialmente autobiografica, ha inizio nel 1912 e racconta la vita di Francie Nolan (dagli 11 ai 17 anni, circa) e della sua famiglia (i genitori, il fratello, zii e nonni), immigrati irlandesi. La povertà e le difficoltà la fanno da padrone, ma anche l’onestà, la dignità e l’amore per il bello, in particolare, nel caso della protagonista, per i libri e la lettura all’ombra dell’albero che cresce in cortile. La lettura è scorrevole e piacevole nonostante siano quasi 600 pagine, e l’autrice dimostra grande profondità e sensibilità, amore e comprensione per i personaggi descritti.
Dal libro
“Come le piaceva l’odore della biblioteca, un miscuglio di vecchie rilegature di cuoio, di colla e di libri freschi di stampa! Le piaceva molto più dell’odore dell’incenso che bruciava durante la messa solenne. Francie era convinta che nella biblioteca vi fossero tutti i libri del mondo e si era ripromessa di leggerli tutti. Ne leggeva uno al giorno, in ordine alfabetico, senza saltare i meno interessanti. Ricordava che il primo autore di cui avesse letto qualcosa si chiamava Abbott. Leggeva da parecchio ed era ancora alla lettera B.
La scheda: Un albero cresce a Brooklyn. Betty Smith, 2007 (1947), Neri Pozza Editore, 576 pagine.
Restiamo sui classici, ma questa volta con uno italianissimo: Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino. Anche qui il protagonista è un ragazzo, che racconta il mondo e la Resistenza dal suo punto di vista, tanto diverso da quelli a cui siamo abituati. A consigliarcelo è Roberto, carissimo amico, collega e compagno di avventure.
Sarà capitato anche a voi che un amico chiedesse di consigliargli un libro. Quando mi succede, di solito non so cosa rispondere. Qualche mese fa, a chiedermi una dritta è stata mia figlia Sofia, e io per una volta non ho avuto esitazioni: Il sentiero dei nidi di ragno, scritto da un giovanissimo Italo Calvino.
Perché? Perché quando lo lessi, tanti anni fa, mi resi subito conto che era profondamente diverso da tutti gli altri libri sulla Resistenza. Non comunicava la stessa incondizionata adesione all’ideologia comunista. Il Sentiero racconta il caos dell’Italia terra di nessuno, visto con gli occhi di un ragazzino. Pin è rimasto quasi senza famiglia, e una serie di disavventure lo porta a unirsi a una banda di partigiani sulle montagne liguri.
Ma i partigiani di Calvino non somigliano a quelli descritti da altri scrittori, non sono eroi romantici ma un gruppo di poveri cristi pieni di umani difetti. Come Pin, si trovano lì per uno strano caso del destino. Il Sentiero dei nidi di ragno è un romanzo resistenziale assolutamente fuori dal coro, ma è anche un romanzo di formazione, che ci racconta il mondo, gli adulti, le donne, visti con gli occhi di Pin, alter ego dell’autore. Si può leggere tutto d’un fiato.
Dal libro
“Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasente le pareti fredde, tenute discoste a forza d’arcate che che traversano la striscia di cielo azzurro carico. Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giù al selciato, fatto a gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per l’orina dei muli.
Basta un grido di Pin, un grido per incominciare una canzone, a naso all’aria sulla soglia della bottega, o un grido cacciato prima che la mano di Pietromagro il ciabattino gli sia scesa tra capo e collo per picchiarlo, perché dai davanzali nasca un’eco di richiami e d’insulti.
La scheda: Il sentiero dei nidi di ragno, Italo Calvino, Garzanti, 2014 (1947), 219 pagine.
Un ragazzo e un albero si amano. Ma sarà per entrambi lo stesso amore? La risposta è nel libro consigliatoci da Chiara, amica lettrice che usa questa storia proprio per lavorare sulle relazioni nelle scuole. Ma non è solo per ragazzi, anzi una riflessione sul tema può essere utile a tanti adulti.
“L’albero” è un libro per bambini scritto da Shel Silverstein. Sì tratta di un libro illustrato, a colori, che ha una simbologia molto profonda e controversa, tratta dell’amicizia e di un legame più dettato dal soddisfare i propri bisogni. Un’amicizia che da una parte è pura, dall’altra è più opportunista. Si tratta di una storia breve, un racconto di formazione che esercita molto fascino sia sui bambini che sugli adulti e si presta molto per le attività didattiche di riflessione individuale e di gruppo sul tema della crescita, del senso dell’esistenza e sui valori importanti della vita. Il rapporto tra il bambino e l’albero, può essere dunque letto in tanti modi, come un semplice rapporto d’amicizia, come il rapporto tra genitori e figli, come il rapporto tra l’uomo e la natura/terra.
Dal libro
“C’era una volta un albero che amava un bambino. Ogni giorno il bambino arrivava e raccoglieva le sue foglie…
La scheda: L’albero, Shel Silverstein, Salani, 2014, 64 pagine
Terzo venerdì, terza Meb’s Choice. E anche stavolta cambio totalmente genere. Visto che le feste si avvicinano… perché non un libro di ricette? E visto che siamo nel ventesimo anniversario dall’uscita del primo film, ho scelto “In cucina con Harry Potter“.
Perché proprio un libro di cucina tratto da una saga? Beh, in primis perché sono appassionata di questo magico mondo (sì, anche ad “anta” più che compiuti…), perché chiunque abbia letto i libri o visto i film si è chiesto almeno una volta come sia la burrobirra (c’è, c’è…) e per sfatare un mito molto italico: nel Regno Unito non si mangia poi così male. Anzi. Soprattutto se scegli le cose giuste e non ti fai “traviare” dalla pizza a ogni costo. E comunque, per quelle della Meb-cucina potete sempre curiosare nella categoria Golosità.
Un po’ di esempi di ciò che potete trovare nel libro? La minestra Mulligatawny e il salmone al miele con salsa di aneto che Petunia serve a zia Marge nel Prigioniero di Azkaban prima che Harry la faccia gonfiare (e volare) come una mongolfiera; gli Zuccotti di zucca e i Calderotti venduti sull’Hogwarts Express (e anche le gelatine tutti gusti); i biscotti rocciosi e la torta di compleanno di Hagrid; lo stufato con manzo con gnocchi alle erbe e la zuppa di cipolle che Kreacher serve ne I doni della morte; il pollo arrosto alle erbe e la torta a forma di boccino della signora Weasley.
E poi tutte le leccornie cucinate dagli elfi domestici, che compaiono ogni giorno sulla tavola di Hogwarts: dalle uova strapazzate e bacon della colazione alla shepherd’s pie, che Ron non si gusta ne La Camera dei segreti, preoccupato per la punizione; dalla Bouillabaisse servita in onore delle ospiti di Beauxbatons ne Il Calice di Fuoco al budino di riso che Harry mangia al banchetto di benvenuto ne La Pietra filosofale.
Ovviamente, trattandosi di Gran Bretagna, non possono mancare l’haggis, tipicamente scozzese, le aringhe affumicate, il pasticcio della Cornovaglia (consigliatissimo) e una marea di stufati, zuppe e tortini di carne. L’autrice, va detto, interpreta e rielabora un po’, anche perché spesso i piatti non sono indicati con precisione, ma ciò non toglie nulla alla qualità delle ricette e alla ricerca. Proprio una zuppa scozzese è la ricetta che vi propongo. Ovviamente, come per ogni piatto popolare, potrete trovare diverse varianti, l’importante è immaginare che la nostra sia proprio quella usata nelle cucine di Hogwarts.
Dal libro
Scotch broth
“3 cucchiai d’olio
500 g di arrosto di spalla di manzo (chiedete un pezzo adatto per lo stufato)
una cipolla grande
2 litri di brodo di pollo
100 g di orzo perlato
quattro carote
una rapa grande
un porro
3 coste di sedano
4 spicchi d’aglio
100 g di verza
2 cucchiai di prezzemolo fresco
sale e pepe
Tagliate la carne a dadini di 1,5 cm, tritate cipolla, aglio e porro (io ne ho lasciato un po’ a rondelle) e tagliate le verdure a cubetti. In una casseruola dal fondo spesso o in una cocotte di ghisa mettete a scaldare l’olio e rosolate la carne a fuoco vivace, finché non si forma una crosticina. Tenetela da parte in un piatto, mettete nella casseruola la cipolla tritata e rosolatela a fuoco medio-basso fino a quando non si ammorbidisce, mescolando bene con un cucchiaio di legno, per evitare incrostazioni e sciogliere i grumi.
aggiungete il brodo, l’orzo, il sale e la carne con i succhi che avrà rilasciato e mescolate. L’orzo assorbirà molto sale, quindi assaggiate e regolate di conseguenza. Lasciate sobbollire a fuoco lento per 1.30 ore. Unite le carote, la rapa, il porro, il sedano, l’aglio, il pepe e lasciate cuocere a fuoco lento per un’altra ora. Aggiungete infine il cavolo e il prezzemolo e lasciate sobbollire un’altra mezz’ora.
Un paio di note tecniche: controllate il tempo di cottura dell’orzo sulla confezione, al mio bastavano 30 minuti. Se non vi piace una delle verdure, semplicemente eliminatela e aumentate le altre o sostituitela (alcune ricette includono i piselli o patate). Quello in foto è il mio, appunto con qualche ” variante”. Il risultato è una zuppa ottima soprattutto la sera nei mesi più freddi e tipica della Burns’ Supper.
La scheda: In cucina con Harry Potter, il ricettario non ufficiale, Dinah Bucholz, 2019, Vallardi A., 365 pagine.